Su Milano Finanza si parla di sostegni alle biomasse. Tra le fonti rinnovabili di energia elettrica vi sono le biomasse solide, intese come la parte biodegradabile ricavata dalla manutenzione dei boschi e delle attività agricole e agroindustriali. Un settore produttivo che dal 2023 potrebbe ricevere un colpo mortale se non venisse rinnovato il quadro normativo incentivante che sostiene la produzione di energia in impianti alimentati con questa fonte energetica.
In Italia al 31 dicembre 2019 risultavano ammessi agli incentivi 410 impianti alimentati a biomassa, per una potenza complessiva di 783 MW (fonte: Rapporto Statistico Gse 2019) con una produzione annua di 4.196,7 GWh. Circa la metà di quest’ultima è generata da impianti di taglia superiore ai 5 MW, appartenenti a 15 operatori che dispongono di 18 centrali elettriche con una capacità installata di circa 300 MWe e una produzione annua superiore ai 2.100 GWh, ottenuta impiegando circa 2,5 milioni di tonnellate di biomassa solida, di cui oltre il 90% prodotta in Italia. Dal 2016 questi operatori sono riuniti sotto l’egida dell’Ebs (Energia da biomasse solide), associazione presieduta dal 2020 da Antonio Di Cosimo.
Gran parte della biomassa utilizzata per la produzione di energia rinnovabile deriva dalla gestione dei boschi. Vari studi evidenziano che in Italia la superficie occupata da foreste è il triplo rispetto ai primi anni Venti del secolo scorso, ma la disponibilità per utilizzi energetici è ampiamente sottoutilizzata. In 20 anni, tra il 1990 e il 2010, la superficie dei boschi in Italia è aumentata di quasi il 20% mentre nell’Unione Europea l’incremento è stato, per lo stesso periodo, solo del 5%. Però i prelievi in Italia sono nettamente inferiori: 1,4 mc per ettaro all’anno rispetto a una media europea di 2,4 m all’anno e notevolmente sotto i 3,4 mc della Francia o i 5,2 mc della Germania.